L'immobile oggetto di donazione "indiretta", se è stato venduto dal donatario, non può essere chiesto in restituzione dal legittimario del donante che abbia patito la violazione della propria quota di legittima: è quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza n. 11496 del 12 maggio 2010 che, priva di precedenti, costituisce un punto di riferimento nella complessa materia della circolazione dei beni oggetto di donazione. Il bene donato trova, infatti, forti ostacoli nella sua vendibilità a opera del donatario (o nella sua ipotecabilità da parte dello stesso) in quanto, se alla morte del donante poi si accerti che quella donazione ha leso o ha concorso a ledere la quota di legittima spettante agli stretti congiunti del donante, il bene prima donato e poi alienato dal donatario (o dal medesimo concesso in ipoteca) potrebbe essere chiesto in restituzione dai legittimari del donante, qualora il patrimonio del donatario non sia capiente per soddisfare i diritti del legittimario che non ha ricevuto, in tutto o in parte, la sua quota di legittima (articolo 563 del Codice civile).
Questa azione di restituzione del bene donato e poi venduto dal donatario può dirigersi verso qualunque avente causa, anche dopo una pluralità di passaggi e anche se l'acquirente non sapeva nulla sul punto che, nel passato, quel bene era appunto stato oggetto di donazione. L'unico temperamento è rappresentato dalla norma che impedisce l'azione di restituzione dopo 20 anni dalla donazione; norma che però può essere disattivata (e quindi l'azione di restituzione può in tal caso essere esperita anche diverse decine di anni dopo la donazione) qualora i legittimari del donante, venuti a conoscenza della donazione, formulino contro di essa il cosiddetto "atto di opposizione", il cui effetto è appunto quello di impedire che il decorso del ventennio impedisca ai legittimari di recuperare il bene donato (articolo 563, comma 4 del codice civile).
Se tutto ciò è scontato per le donazioni "dirette" (e cioè quelle stipulate con atto notarile, nel quale si esplicita la volontà del donante di beneficiare il donatario), si tratta di capire se l'azione di restituzione potesse colpire anche le cosiddette donazioni "indirette", e cioè tutti quegli atti che hanno la "sostanza" della donazione senza averne la forma: i casi classici sono quelli del genitore che paga il prezzo di un acquisto immobiliare intestato al figlio o quello della "vendita" a prezzo "vile" (Tizio "vende" a Caio, per il prezzo di 1, un bene che vale 100, con ciò realizzandosi evidentemente una donazione per il valore di 99).
L'articolo 809 del Codice civile sembra assoggettare anche le donazioni "indirette" allo stesso regime giuridico delle donazioni "dirette". Tuttavia di recente, a fronte del moltiplicarsi delle donazioni (stimolate dalla loro spesso irrisoria fiscalità), molti studiosi hanno cercato di dimostrare che l'azione di restituzione delle donazioni "dirette" non può essere considerata esperibile anche verso le donazioni "indirette" non fosse altro perché, se l'acquirente di un dato immobile può in effetti accorgersi che nella storia di un bene vi è stata una donazione "diretta", non è possibile invece accertare l'avvenuta stipula di una donazione "indiretta". Nel caso della donazione "indiretta", se da essa deriva la lesione della quota di legittima, al legittimario non resta che sperare di trovare capienza delle sue ragioni nel patrimonio del donatario; qualora tale capienza non vi sia, chi si trova a essere titolare del bene oggetto di donazione "indiretta" non può vedersi privato del bene stesso, in quanto le sue ragioni sono ritenute dalla Cassazione prevalenti su quelle del legittimario leso nella sua quota di legittima.
Fonte Il sole 24 ore
Nessun commento:
Posta un commento